Content marketing…di cosa stiamo parlando?
I contenuti contano. Facile (e un po’ sciocchino) gioco di parole. Ma se i contenuti sono uniti a una strategia di marketing, possono diventare potenti strumenti per trovare una relazione tra l’azienda o il brand e i suoi pubblici-target. Il content marketing serve a:
- coinvolgere e creare un legame di fiducia, di vicinanza e familiarità con coloro che sono già clienti o che potranno esserlo in futuro
- far crescere la reputazione della marca o dell’azienda, consolidandone o modificandone il posizionamento
- farsi ricordare, apprezzare e ovviamente – come fine ultimo – scegliere dai target
Come? Creando e fornendo contenuti – originali – che siano d’interesse per il pubblico di riferimento: articoli, immagini, video, infografiche, webinar, articoli e paper e così via. Contenuti che le persone desiderano avere, utilizzare e condividere.
Per uno specialista come Michael Brenner fare content marketing significa instaurare una relazione con il pubblico-target in modo da attrarlo verso “un’esperienza” o condurlo verso una “destination” strettamente vincolata al brand; la “destinazione” può essere creata appositamente o esistere già (per esempio siti web, pagine social, profili nelle piattaforme di condivisione di contenuti etc.).
Per questa ragione il content marketing, non ha tanto a che fare con una fase commerciale (che avverrà ovvio, ma in un secondo momento) quanto con una di tipo relazionale tra l’azienda e il suo pubblico (composto da clienti acquisiti, potenziali e stakeholder).
In questo senso il content marketing non dovrà essere confuso non solo con l’advertising puro ma nemmeno con il native advertising, sebbene con quest’ultimo sembri condividere alcuni tratti (su questo tema lasciamo parlare il supertitolato Joe Pulizzi del Content Marketing Institute).
Che il content marketing funziona lo dimostra il verificarsi di un fenomeno piuttosto raro nel mondo dell’advertising (se non in presenza di più o meno sostanziose “ricompense”) e cioè la spontanea iscrizione a mailing list (il “subscribe” delle newsletter, per intendersi) da parte di utenti desiderosi di ricevere informazioni con regolarità, senza correre il rischio di perdersi qualcosa. E non da un giornale, un blog o un ma da sito che so di musica, sport o moda… ma da un’azienda-brand!
Tuttavia, perché funzioni davvero, bisogna darsi da fare e
- preparare non solo contenuti validi, seri, interessanti, approfonditi, utili coinvolgenti
- avere un piano strategico coerente ed equilibrato
- una pianificazione editoriale rigorosa in linea con gli obiettivi di comunicazione dell’azienda, con gli interesse del pubblico e che sappia tenere in considerazione i canali a disposizione per la distribuzione
- ehm… evitare scorciatoie e trucchi. Solo così i risultati, anche consistenti e duraturi, arrivano.
Non solo. Considerando che generare contenuti, di qualsiasi natura essi siano, costa impegno e fatica, è meglio prediligere canali dove questi non hanno un’attenzione limitata o limitatissima. Niente contenuti che perdono d’interesse dopo poche ore, che hanno una data di scadenza eccessivamente ravvicinata o che avranno un’esposizione al pubblico di poche ore.
I post su Facebook, LinkedIn o Twitter sono elementi indispensabili di una campagna, ma non possono essere l’unico sbocco, i soli canali attraverso i quali proporre quando viene generato. Il rischio che vengano spinti, nel giro di poco tempo, sul fondo negli ormai sovraffollati feed di ognuno, sepolti da una valanga di post, è alto. È dunque fondamentale immaginare canali differenti, che permettano una reperibilità prolungata nel tempo.
Riassumendo, quali sono gli elementi indispensabili per fare content marketing?
- CONOSCERSI MEGLIO. Accade che in azienda ma anche nelle organizzazioni e nelle associazioni, il “chi siamo“ (inteso come insieme di valori, DNA di marca, mission etc.) non sia davvero interiorizzato e compreso fino in fondo. Spesso poi l’identità (cioè il “chi siamo”) è confuso con il “cosa facciamo”… ma in realtà sono due cose distinte!
- SAPERE A CHI CI SI VUOLE RIVOLGERE. Solo stabilendo la propria identità è possibile sapere con chiarezza chi sono i propri target e stakeholder e dunque intraprendere un’attività di content marketing attraverso la quale instaurare una relazione più profonda
- SAPERE CHE COSA SI HA DA DIRE. In che modo e con che argomenti e temi posso interessare il mio pubblico? Cosa voglio trasmettere affinché possa catturarne l’attenzione, ottenerne la fiducia? La gran parte delle aziende ha cose interessanti da dire. Spesso i contenuti non sono ready to share, ma vanno fatti emergere, sgrezzati, gli si deve dare una forma. Soprattutto perché fare content marketing non vuol dire vendere: quindi meglio abbandonare la logica prodotto-centrica (per quella c’è l’advertising…)
- PROCEDERE CON ORDINE E LOGICA. L’elaborazione di un piano editoriale ben strutturato per tempi, modi e azioni previsti è importante per dare quella continuità e quella regolarità che garantiscono un risultato positivo e misurabile
- SAPERE CHE IL RISULTATO SARÀ DURATURO. Se ben congegnato e realizzato, il lavoro di content marketing darà risultati più profondi, durevoli, che riguarderanno elementi fondativi dell’azienda o del brand: reputazione, posizionamento, percezione.